Il
Centro di Cognitivismo Clinico ha come obiettivo principale la cura
del disagio e della sofferenza psicologica delle persone che vi si
rivolgono. Il primo obiettivo è quello di fornire una diagnosi
corretta della natura della sintomatologia descritta, potendo cosi
darne la valenza di disturbo clinicamente rilevate o invece di
malessere esistenziale. La diagnosi è proposta non solo come
definizione nosografica e psichiatrica del disturbo, ma inquadrata
nella fase di vita del soggetto, all’interno del contesto affettivo
familiare sociale e lavorativo, in una cornice di senso che ne rende
comprensibile la connessione ed il rapporto sia con le
caratteristiche di personalità che con gli aspetti temperamentali.La
prospettiva teorica di riferimento è quella del cognitivismo
clinico, intesa come attenzione privilegiata alla dimensione
consapevole dell’esperienza soggettiva, cognitiva emotiva e
comportamentale.
Per capire meglio:
La diagnosi.
di CLM
L’ambito della comprensione e della cura della sofferenza psichica vede confrontarsi ancora oggi, da una parte, coloro che sostengono la necessità di cure che centrandosi sulla soggettività dell’individuo che soffre non possono essere generalizzate in termini di diagnosi, di sintomi psicopatologici, né in termini di percorsi terapeutici standardizzati.
Questa
posizione che ritiene la prassi clinica, diagnostica, inutile e
pericolosa ha alle spalle una talora inespressa filosofia, che
confina con una sorta di mistica della persona, sulla sua
inconoscibilità e che ha quindi orrore di quanto possa sembrare
un’oggettivazione dell’individuo. Filosofia spesso fusa e confusa
con un’ipotesi lineare dell’origine sociologica delle definizioni
diagnostiche.
Vi è al fondo un rifiuto esasperato del termine “oggettivazione”, senza tener conto che una cosa è ridurre ad oggetto una persona, confondere la parte per il tutto identificando la persona nel suo disturbo, altra cosa è porsi in una posizione di studio “oggettivo” della sofferenza psichica.
E
dall’altra coloro che invece, sostenuti dalle necessità della
ricerca, vedono nella rigida applicazione di protocolli terapeutici
applicati a categorie diagnostiche definite attraverso
somministrazione di questionari e test, la miglior risposta clinica
terapeutica.
Queste
due posizioni estreme, la soggettiva esperienza della sofferenza
psichica come ambito personale, unico, non generalizzabile in
categorie diagnostiche e la rigida focalizzazione su categorie
sintomatico-diagnostiche che comportano l’applicazione rigorosa di
protocolli terapeutici specifici, sono l’espressione di quanto sia
aspro e ideologizzato ancora oggi il dibattito e il confronto sui
temi riguardanti la sofferenza psichica.
Per
certi aspetti è come se non fossero passati quasi 2 secoli dalla
distinzione di Dilthey tra scienze dell’uomo e scienze della natura
viste come aree di conoscenza inconciliabili che prevedono strumenti
di studio e metodologie differenti.
La
prospettiva teorica del Centro vuole essere quella dell’integrazione
tra questi due ambiti solo apparentemente inconciliabili. Si vuole
comprendere e curare la dimensione della sofferenza psichica umana
con gli strumenti e i metodi delle scienze della natura.
Il campo che scegliamo su cui fondare l’attività del Centro è quello scientifico della verifica della conoscenza, della falsicabilità e della replicabilità, della laicità non ideologica.
Lo
sforzo che intendiamo fare è quello di mettere in atto prassi
cliniche evidence based in termini di efficacia, sostenute da
evidenze empiriche provenienti dalla ricerca clinica controllata,
avendo cura di contestualizzarle in percorsi psicologici,
psicoterapici e psichiatrici che vedano nella relazione tra terapeuta
e paziente il contesto
influente
per la realizzazione del processo di cura.
E’
in questi termini che per noi acquista valore la diagnosi
psicopatologica, la possibilità di distinguere ciò che ha valenza
patologica, di sindrome o disturbo, da ciò che non lo ha
rappresentando una reazione psicologica, magari anche di estrema
sofferenza ad eventi della vita lungo un continuum fisiologico.
Diagnosi che va condivisa col paziente e spiegata, al di là dei
tecnicismi, con termini comprensibili che dando senso a ciò che il
paziente sta vivendo permette di offrire una terapia efficace e
compatibile con il funzionamento personologico del paziente.
Per noi la diagnosi non ha il significato di stigma, di etichetta che spersonalizza l’individuo, di condanna sociale o di disperato destino esistenziale. E’ invece uno strumento utile e necessario. E’ esperienza comune quando siamo noi ad essere “i pazienti”, affetti da una qualche forma di sofferenza fisica o psichica, di fronte ad un medico in pronto soccorso, in ospedale in ambulatorio avere in mente le stesse domande: cosa ho? E’ grave? Guarisco? In quanto tempo? Cosa devo fare per stare bene?
Sono
queste le domande a cui cerchiamo di dare risposta quando le persone
che si rivolgono a noi, con competenza e umanità.
La
diagnosi nei termini sopra descritti riguarda solo in parte lo studio
della dimensione sintomatica e del significato psicopatologico di
questi fenomeni in modo da giungere ad una definizione nosografica.
Una
diagnosi, finalizzata al comprendere e spiegare come una condizione
patologica si inserisca nel percorso di vita di un soggetto, chiede
al terapeuta di tenere in grande considerazione la storia biografica
e la quotidianità del paziente, cogliendo negli avvenimenti e negli
eventi di vita un nesso di comprensibilità con le caratteristiche
della struttura psichica del soggetto e con la sua vulnerabilità
allo sviluppo di sintomi psicopatologici.