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Sperimentazione su l'efficacia della Realtà Virtuale nella cura di psicopatologie.

Le nuove tecnologie di realtà virtuale e realtà amplificata hanno permesso di mettere a punto strumenti che permettono di far vivere, al soggetto che le usa, esperienze sensoriali e quindi emotive e cognitive, molto simili a quelle che vivrebbe realmente in situazioni reali simili.

Questa evoluzione tecnologica ha attirato l’attenzione anche della comunità scientifica  psicologico e psichiatrica per le possibili applicazioni terapeutiche che tale tecnologia potrebbe offrire in diverse aree della psicopatologia.

Il modello bio-psico-sociale che ipotizza una interrelazione tra componenti biologiche psicologiche e sociali nello sviluppo dei disturbi psicopatologici postula che per alcuni soggetti l’esposizione a particolari situazioni sociali possa attivare risposte emotive fortemente ansiogene, di rabbia o comunque negative, tali da motivare risposte comportamentali disfunzionali e rappresenta un razionale scientifico adeguato a giustificare l’ipotesi di un effetto positivo nell’uso di tali strumenti.

Il Centro di Cognitivismo Clinico ha avviato, in collaborazione con la Idego azienda che ha messo a punto e fornito la strumentazione di RV necessaria, un progetto di ricerca per valutarne la applicabilità al trattamento del Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC).

Com’è noto l’intervento terapeutico più efficace nel trattamento dei comportamenti compulsivi, cioè di quei comportamenti messi in atto dai soggetti affetti da DOC in maniera rituale e ripetuta per cercare di attenuare l’ansia generata dai pensieri che ossessivamente si presentano alla mente,  è una tecnica cognitivo comportamentale chiamata ERP, dall’acronimo inglese Exposure with Response Prevention (Esposizione con Prevenzione della Risposta). Tale tecnica prevede l’esposizione allo stimolo ansiogeno rimandando la risposta comportamentale che usualmente il soggetto mette in atto per ridurre l’ansia. Tale tecnica, ha il limite di dover essere svolta frequentemente, nelle situazioni che attivano l’ansia e solitamente evitate quindi in ambienti esterni quindi fuori casa o fuori dallo studio del terapeuta con più sessioni durante la settimana. L’uso della RV può in questo senso rappresentare uno step intermedio per il paziente e ovviare alle difficoltà descritte che a volte diventano motivo della parziale non accettazione della tecnica per circa il 50% dei pazienti che la trovano troppo attivante, droppando così la terapia.

Il protocollo di ricerca messo a punto dal nostro Centro prevede un periodo di studio di circa 12 settimane e permetterà di avere le prime osservazioni empiriche sulla reale possibilità di utilizzare queste nuove metodiche nel trattamento di sindromi psicopatologiche. (CLM)