Dr. Helen Casale.
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La
psicoterapia per i disturbi sessuali
è effettuata da psicosessuologi specializzati, talvolta
associata ad un supporto farmacologico a carico dell'andrologo o
dell’endocrinologo di riferimento, è il trattamento d'eccellenza
per i disturbi sessuali con componente psicologica.
La terapia ad
orientamento cognitivo-comportamentale è quella che ha mostrato
avere le più alte aspettative di efficacia in tale ambito. Si tratta
di un tipo di intervento strategico, mirato al sintomo, breve (10-15
sedute); può essere individuale o di coppia, ma poiché le
disfunzioni sessuali manifestano il loro disturbo nell’ambito della
relazione con il partner, è nella psicoterapia di coppia che ottiene
i massimi risultati, andando ad agire anche sulla relazione.
Ciò che lo psicoterapeuta cerca di risolvere è il circolo vizioso che alimenta il problema e che porta la persona ad incrementare i livelli di attivazione emotiva (tensione, ansia, paura, rabbia, vergogna, tristezza…) perdendo, nella maggior parte dei casi, il piacere nelle attività sessuali e lasciando spazio alla preoccupazione che tali sintomi causano. La focalizzazione dell'attenzione sul problema, sul sintomo, sul dolore o sulla prestazione, porta l'organismo ad un tentativo involontario di riduzione degli stati tensivi che sviluppano il sintomo, inibendo, molte volte, il desiderio sessuale. Il terapeuta utilizza tecniche cognitive e comportamentali, non farmacologiche, in grado di riorganizzare i processi naturali dell'organismo in senso funzionale. È previsto dunque un ruolo attivo da parte della coppia (o del singolo), alla quale verrà chiesto, di volta in volta, di mettere in atto nella loro intimità degli esercizi, a carattere erotico-educazionale che, secondo un protocollo ben preciso e validato, verranno loro assegnati durante il precorso terapeutico. L’obiettivo è quello creare un clima di cooperazione in un contesto in cui la prestazione non sia importante e di eliminare le emozioni disfunzionali associate alla sessualità, ripristinando così una dimensione di piacevolezza.
Le Disfunzioni Sessuali
Il DSM 5 le definisce come un’anomalia del processo che sottende il ciclo della risposta sessuale (APA, 2013). Si parla quindi di disturbo sessuale per tutte quelle condizioni in cui c’è un’inibizione del desiderio, dell’eccitamento o dell’orgasmo, o per quelle condizioni in cui si prova dolore durante l’attività sessuale. Tuttavia, la diagnosi si effettua solo nei casi in cui la presenza di tali condizioni crei un disagio individuale o relazionale significativo. Da un punto di vista categoriale le problematiche sessuali si possono distinguere in base a:
insorgenza (permanenti o acquisite)
contesto in cui si manifestano (generalizzate o situazionali);
entità (lievi, moderate o gravi).
Sebbene in passato le disfunzioni sessuali fossero classificate come organiche, psicogene o combinate in base all’origine del disturbo, oggi sappiamo che non si può non tener conto del fatto che la sessualità è una sfera che coinvolge tutta la natura umana: la testa, il corpo, gli apprendimenti e, non ultima, la relazione con l’altro. A tal proposito, la pratica clinica e l’analisi rigorosa evidenziano come le problematiche sessuali risultino essere patologie multifattoriali, in cui il piano organico, relazionale e quello intrapsichico sono interconnessi e si influenzano reciprocamente. Corpo, mente e relazione sono uniti non solo nel piacere ma anche nella sofferenza e non si può disattendere questa unità, né nella valutazione della problematica, né nella scelta dell’approccio terapeutico da utilizzare.
La componente psicologica nelle Disfunzioni Sessuali
Generalmente, anche quando abbiamo a che fare con disfunzioni sessuali insorte su base esclusivamente organica, col tempo si innesca un meccanismo psicologico di mantenimento del sintomo.
Disturbi più comuni
Nel caso del
Disturbo
Erettile,
ad esempio, come in una profezia che si autoavvera, l’aspettarsi
di fallire da un punto di vista sessuale, restituisce come risultato
finale il fallimento stesso. Nella maggior parte dei casi ciò
avviene perché durante l’attività sessuale l’attenzione viene
posta su quelli che si definiscono pensieri
disfunzionali o pensieri
anticipatori negativi,
ovvero pensieri distraenti del tipo “ce la farò? ”, “riuscirò
a raggiungere un’erezione?” “devo eccitarmi a tutti i costi!”.
Tali pensieri creano un’attenzione selettiva su stimoli
disfunzionali, distogliendo dunque l’attenzione da quelli
sessualmente attivanti, elemento imprescindibile affinché ci possa
essere un’adeguata risposta. In questo modo, si innesca un circolo
vizioso in cui la funzionalità sessuale è costantemente minata.
Nei casi di Eiaculazione Precoce, al di là della causa iniziale, col tempo si innesca un meccanismo di controllo, nasce cioè il problema di voler controllare i tempi eiaculatori, e la soluzione automatica più comunemente adottata è quella di cercare di “non sentire”, di distrarsi pensando ad altro. Ciò non fa che aumentare l’automatismo, perché il problema di base è proprio il “non sentire”, il quale lascia spazio all’immaginazione che è molto più travolgente delle sensazioni fisiche.
In condizioni di Eiaculazione Ritardata o difficoltà nel raggiungimento dell’orgasmo, invece, tendenzialmente si innesca il meccanismo contrario, per cui si cerca di accelerare i tempi concentrandosi sul concreto, sul “sentire”, lasciando fuori l’immaginazione che è molto più potente ed immediata. La sessualità diviene così una pratica molto faticosa e molto noiosa.
Nel caso dei disturbi da dolore sessuale, Vaginismo e Dispareunia, il coito, o il tentativo di coito, diventa un’esperienza terrorizzante e fisicamente dolorosa, anzichè piacevole. La risposta sessuale nelle sue fasi di desiderio-eccitazione-orgasmo-risoluzione sembra non essere alterata, tanto da poter procedere tranquillamente se non si verifica l'evento temuto (penetrazione). Tuttavia, alla previsione che tale evento possa verificarsi, il vaginismo è la risposta motoria di evitamento fobico (il soggetto contrae i muscoli perivaginali e l'elevatore dell'ano, rendendo dunque impossibile la penetrazione); la dispareunia è la risposta sul versante sensitivo: la paura anticipatoria del dolore, la soglia di percezione del dolore si abbassa e su di esso si concentra l'attenzione selettiva del soggetto, con il risultato di avvertire effettivamente il dolore. In entrambi questi casi il tentativo di penetrazione o il prolungarsi del rapporto comportano effettivamente un'esperienza dolorosa, che va a rinforzare la previsione iniziale, creando il consueto circolo di automantenimento del disturbo. Le storie individuali che conducono a queste specifiche patologie possono essere diverse, ma finiscono in un unico modo: la previsione della penetrazione come evento doloroso, sgradevole o impossibile! La frustrazione reiterata causata dall’impossibilità al rapporto può generare a sua volta una progressiva perdita del desiderio e della capacità di eccitazione, fino al totale evitamento di ogni forma di intimità erotica, con conseguenze significative anche sulla funzione procreativa.
Educazione, aspettative irrealistiche, interazioni tipiche sessuali, credenze e valori che possono essere il risultato di apprendimenti culturali e di esperienze più o meno positive nei confronti del sesso, possono compromettere lo svolgimento completo della risposta sessuale.